Un cupo pensiero mi sorse in capo e mi corse tutto il corpo come quando si entra in un sottosuolo umido e che sente di rinchiuso. Era in qualche modo innaturale che proprio e soltanto adesso quei due occhi si fossero messi a guardarmi. Mi ricordai anche che durante due ore non avevo scambiata con quell’essere una sola parola, né avevo stimato menomamente necessario il farlo; anzi questo appunto m’era poco fa per qualche ragione piaciuto. Ma ora mi si presentò all’improvviso chiara l’idea, assurda e schifosa come un ragno, del vizio, che senza amore, brutalmente e sfrontatamente comincia subito da ciò il cui vero amore si corona. Ci guardammo così a lungo, ma ella non abbassò i suoi occhi davanti ai miei, né mutò il suo sguardo, sicché alla fine ebbi paura.
Ricordi dal sottosuolo di Fedor Dostoevskij nella traduzione di Tommaso Landolfi
”Che schiiifo!’ è il commento a caldo di un bambino di anni otto, mio figlio, appena ha visto il corpo assente.
che specchio riflesso, ti pare?
no grazie, il thè mi rende nervoso..