Nel bene e nel male, sinistra come le streghe di Macbeth, l’ombra del fantasma di Joker sorvolò i destini di Batman. Nel bene perché Il cavaliere oscuro divenne campione d’incassi nel giro di un fine settimana. Nel male perché Christian Bale piombò in una profonda depressione. Si mormorò che dietro certe sue escandescenze ci fosse per l’appunto lo zampino del più acerrimo nemico dell’uomo pipistrello. Bale non si sarebbe mai ripreso dalla scomparsa dell’amico nonché compagno di set Heath Ledger. La vicenda è nota: l’attore è stato trovato morto nel suo appartamento di New York poco dopo aver terminato le riprese dell’ultimo Batman. Avvelenamento accidentale causato dagli effetti combinati di sonniferi e ansiolitici, dissero i referti medici. Una semplice disgrazia, insomma. Ma le semplici disgrazie si confanno più ai comuni mortali a assai meno alle star di Hollywood nel fiore degli anni. Quindi via libera alle speculazioni. Per alcuni si è suicidato come il suo cantante preferito, Nick Drake. Per altri non fu privo di significato che un paio di anni prima Ledger avesse partecipato a un droga party allo Chateau Marmont, l’albergo in cui è morto John Belushi. Quel che fece più discutere, però, fu il sibillino commento di JackNicholson comparso sui giornali di mezza America all’indomani della tragedia: «L’avevo avvertito». Cosa intendeva, il vecchio Jack? Forse che la parte di Joker è maledetta?
I set infestati da spiriti pericolosi non rappresentano certo una novità. Prima di accettare una parte è buona regola soppesare i rischi di un’eventuale maledizione. Per esempio, Ledger avrebbe potuto riflettere a quanto capitò mentre si girava Il corvo, film anch’esso ispirato a un fumetto dalle atmosfere dark. Brandon Lee restò ucciso durante la lavorazione da un colpo di pistola. L’arma era stata caricata con proiettili a salve, in teoria innocui. In pratica produssero una pressione paragonabile a una cartuccia vera perché la canna era ostruita. Nessuno si era ricordato di pulirla. Tragica fatalità? Probabile. Tuttavia, fin dall’inizio delle riprese, il set venne funestato da incidenti. Attrezzisti che si ferivano la mano con il trapano, controfigure che si rompevano le costole cadendo dal tetto, temporali che distruggevano le scenografie. Ma fosse solo questo. Brandon era figlio di un certo Bruce Lee e il re delle arti marziali morì in circostanze che non si esitò a definire «misteriose»: pochi giorni prima di girare una scena in cui avrebbe dovuto interpretare il ruolo di un attore ucciso sul set da un proiettile non a salve. La coincidenza da brivido fece ventilare l’ipotesi assai cervellotica di un omicidio in codice a opera della mafia cinese. Triadi a parte, Brandon era convinto che la sua fosse una famiglia maledetta.
In base a una leggenda urbana, la iattura avrebbe poi contagiato il set di Matrix in quanto i fratelli Wachowski pensavano di affidare a Brandon Lee la parte poi andata a Keanu Reeves. Le prove? Gloria Foster, l’indimenticabile Oracolo che dispensa ermetiche profezie sotto forma di biscotti, passò a miglior vita mentre girava il secondo episodio della saga. Triste sorte è toccata pure alla cantante Aaliyah: morì in un incidente aereo mentre Reloaded era ancora in lavorazione. E vogliamo dimenticare la pesante maledizione che grava sul capostipite degli eroi a fumetti: il mitico Superman? Tutti sanno di Christopher Reeve, paralizzato dalla testa ai piedi in seguito a una caduta da cavallo. Ma la lista di disgrazie abbattutesi su chi si è immischiato con l’uomo d’acciaio è lunga. Persino John F. Kennedy è della partita: sarebbe morto a Dallas perché nel 1963 il suo staff approvò l’idea che Superman diventasse testimonial della campagna presidenziale a sostegno del fitness. Il primo a fare le spese di questa maledizione fu però Kirk Alyn che, dopo esser stato il Superman degli anni ’40, non trovò più lavoro: i registi sostenevano che il suo volto era ormai troppo legato al personaggio che aveva reso celebre. Ben più sfortunato fu George Reeves, protagonista delle serie televisiva del decennio successivo: rimasto senza lavoro per le stesse ragioni, si suicidò nel 1959 pochi giorni prima di sposarsi. È credenza diffusa che si sia buttato dalla finestra convinto di saper volare. In effetti, si sparò alla tempia. Ma il succo resta più o meno quello.
Basterebbe poco per confutare simili dicerie. Prendiamo il caso di Teri Hatcher: è statala fidanzata di Superman in una serie televisiva, eppure è riuscita a farsi baciare dalla fortuna impersonando una delle famosissime Casalinghe Disperate. C’è poi Keanu Reeves: malgrado abbia«rubato» il ruolo a Brandon Lee, il maledetto set di Matrix gli ha fatto piovere nelle tasche più di cento milioni di dollari. E che dire di Jack Nicholson? È in ottima salute, il lavoro non gli manca e se la intende con ragazze di quarant’anni più giovani. Aver incarnato Joker non gli ha causato guai di sorta. Ma forse è proprio questo il punto: lo ha davvero incarnato? Il suo Joker aveva le fattezze e i tic di Nicholson, parlava come lui e rideva alla sua inconfondibile maniera. Sebbene straordinaria, la sua interpretazione restava un Nicholson truccato da Joker.
Ledger, invece. Si è inventato una creatura del male che pare ispirata dal diavolo in persona, e ci si è calato con tutta l’anima. È diventato Joker, semplicemente. Del resto, il massimo della credibilità si ottiene convincendo prima di tutto se stessi, così da non dover fingere. Ma è un massimo che comporta dei rischi. Ledger ha confessato di aver iniziato a usare calmanti e sonniferi durante le riprese del Cavaliere oscuro proprio per scrollarsi di dosso questa creaturainfernale «incapace di compassione e priva di lati positivi». Sulla vicenda Ledger gravano però altre strane coincidenze. L’attore è scomparso nel bel mezzo della lavorazione del prossimo film di Terry Gilliam, The imaginarium of Doctor Parnassus. In un primo momento, il regista aveva pensato di mollare tutto. Poi la produzione è ripartita. A sostituire Ledger non fu un unico attore ma ben tre: Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell. Del resto, Terry Gilliam è abituato a sfidare la malasorte. La sua sfrenata e coraggiosa visionarietà lo porta a sfondare regolarmente i budget, vedi Brazil e Le avventure del barone di Münchausen, o a sfidare l’impossibile, come quando si mise in testa di trarre un film da Paura e delirio a Las Vegas, un romanzo famoso a Hollywood proprio per il gran numero di adattamenti cinematografici falliti. Il caso più eclatante resta però L’uomo che uccise Don Chisciotte, che non giunse mai nelle sale e le cui disgrazie sono documentate in Lost in LaMancha. Eclatante perché Orson Welles si era già cimentato in un’impresa analoga. Passò gli ultimi 25 anni della sua vita cercando di finire un film ispirato al capolavoro di Cervantes. Non vi riuscì mai. Non c’è dunque da stupirsi se Don Chisciotte sia entrato nel club delle storie refrattarie alla cinepresa.
Membro onorario di questo circolo è ovviamente anche la storia raccontata nel romanzo di William Peter Blatty, quella della bambina posseduta dal demonio ovvero L’esorcista. Il set del film omonimo dovette fare i conti con incendi inspiegabili e morti improvvise, inclusa quella di un attore il cui personaggio viene ucciso nel film. Alla fine, per tenere lontane le disgrazie, si ricorse all’aiuto di un vero esorcista. Semmai si facesse un censimento dei fantasmi scopriremmo che Hollywwod è uno dei posti più stregati del pianeta. Storie e personaggi diversi per registi e attori diversi, ognuno con la sua speciale maledizione. È quasi una sorta di sindrome, simile a quella di Stoccolma o Stendhal. La potremmo chiamare complesso di Macbeth. La più breve fra le tragedie di Shakespeare, si sa, ha una brutta nomea. Gli attori la chiamano «Il dramma scozzese» per evitare di pronunciarne il titolo ad alta voce. Leggenda vuole che ogni messa in scena di Macbeth sia segnata da guai e avvenimenti luttuosi. Di occasioni, peraltro, la tragedia ne offre parecchie. Tra foreste che camminano e ammazzamenti vari, se non si presta attenzione ci si può ritrovare come niente con la testa fracassata da un ramo vagante o pugnalati per sbaglio. E infatti, si dice che l’origine debba ricercarsi in un incidente che ricorda da vicino quello occorso a Brandon Lee: un attore trafitto per sbaglio da una spada. Naturalmente, c’è pure chi preferisce dare la colpa alle streghe e ai loro malefici sortilegi.
C’è tuttavia la possibilità che il gran numero di maledizioni presenti nel mondo dello spettacolo abbia spiegazioni diverse dalla semplice superstizione. I maligni ritengono infatti che qualcuno pensò di creare un’aura sinistra attorno al Macbeth perché il suo allestimento era molto costoso. Una bella maledizione era quello che ci voleva per attirare più pubblico e rientrare delle spese. Non è un caso che anche oggi le maledizioni riguardino spesso le grandi produzioni e si risolvano con nuovi record d’incassi. C’è dunque da chiedersi quanti, fra coloro che sono corsi a vedere Il cavaliere oscuro, l’abbiano fatto per il film in sé o perché attratti dall’ultima performance di un attore consegnato anzitempo alla leggenda. Quanto all’avvertimento da cui tutto è scaturito, in realtà Nicholson non si riferiva a Joker bensì all’abuso di psicofarmaci. Qualcuno si è dimenticato di precisarlo. Ma in fondo cos’è un piccolo peccato d’omissione di fronte alla nascita di un nuovo mito? Lo spettacolo deve continuare e, a quel che pare, se è maledetto continua meglio.