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Sarà stato perché era anche una festa di compleanno o perché ho incontrato persone che non vedevo da molto o per il luogo antico in cui eravamo o perché li ispiravo io, fatto sta che l’altra sera alla presentazione di Tao 48, l’ultimo libro di Franco Cordelli, tutti si sono lamentati con me di quanto stiamo invecchiando. Gli anni volano, diceva un amico. Non volano, l’ho corretto io, gli anni spariscono. Un altro, senza quasi chiedermi come stavo, mi ha detto di non essersi ancora ripreso dagli anni che ha compiuto il mese scorso. Io, preso da non so che impeto, ho detto che il tempo è un’offesa e non merita perciò tanta attenzione. Vuoi dire che non devo pensarci, che mi sentirei meglio se non ci pensassi? ha chiesto lui con un tono speranzoso che mi ha sgomentato, come se gli avessi consigliato un farmaco. Non volevo dir quello ma è mancato il tempo di precisarlo perché ringraziando il cielo è iniziata la presentazione. Strinati ha fatto gli onori di casa, divagando e strappando una risata sincera a tutti i presenti quando, a proposito di un libro dei relatori, credo quello di Ferroni su Dante e l’Italia, ha detto che se qualcuno lo aveva letto aveva fatto bene. Manica ha poi definito Cordelli un guardiano della letteratura e io mi sono trovato d’accordo. Della letteratura e del palco, mi sono detto anche se in effetti, quanto al teatro, Cordelli si definisce un cronista e non un guardiano. Pensavo però al palco che a volte può diventare la letteratura e che costituisce il modo in cui Cordelli la vive e vive: in una continua confusione e lotta tra le persone e i libri. Le persone sono importanti, dice Cordelli. Ma anche i libri lo sono, aggiunge. Montefoschi ha invece raccontato delle sue telefonate con Cordelli, che spesso cominciano con il nome di uno scrittore seguito da un punto interrogativo, e io mi sono trovato d’accordo. È proprio così, ho pensato malgrado non parli mai al telefono con Cordelli. Mi sono trovato d’accordo anche con Ferroni, che ha parlato molto di Roma. Umberto Orsini ha letto (benissimo) un bel racconto di argomento fatalmente teatrale dove il tempo aveva la sua fatale importanza. Ha fatto una lunga pausa poco prima del finale, una pausa così lunga che io, vedendo poco perché seduto in fondo, ho temuto per la sua salute. Era però soltanto una pausa e abbiamo allora applaudito a lungo, più a lungo della pausa e sinceramente, come alle considerazioni di Strinati. Ha parlato anche Cordelli prima che Orsini leggesse e con lui mi sono trovato d’accordo su due cose in particolare. La prima, quando ha detto che le presentazioni sono un rito esausto – forse non ha proprio usato proprio questo aggettivo, ma che importa – anche se alcune, a onor del vero, si rivelano poi memorabili, tanto che ne ha ricordata una, la presentazione della Cognizione del dolore nel 1963, in cui Gadda si è addormentato senza che nessuno si stupisse più di tanto perché in fondo era da Gadda addormentarsi a una sua presentazione. La seconda, quando ha definito imbarazzante la sua età. Questo aggettivo è la cosa della serata su cui sono trovato più d’accordo in assoluto. Non perché trovi l’età di Cordelli particolarmente imbarazzante. C’è qualcosa di imbarazzante in tutte le età, per questo ero d’accordo. Io, per esempio, ho cominciato a sentirmi in imbarazzo per la mia età fin da quando ho compiuto trent’anni, forse anche prima. È un disagio profondo che riguarda tanto la fatica a riconoscersi quanto quel che abbiamo o non abbiamo raggiunto a quella certa età, quel che ci aspettavamo da noi stessi o che pensiamo gli altri si aspettino ora da noi. A ogni modo sì, l’età è spesso imbarazzante, ho pensato. Infine è arrivato il momento del rinfresco, in un’altra sala, dove mi sono trattenuto con riluttanza e infatti me ne sono andato presto e quasi di nascosto come un ladro, come il tempo.

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